Ventidue anni da compiere, decine di concorsi vinti, due singoli e un album in uscita. Nel mezzo, la partecipazione alla decima edizione di X – Factor, nel 2016. È Diego Conti, ragazzo cresciuto a “pane e vinili”, uno che la musica la mastica da sempre e le canzoni se le scrive da solo. Pronto a prendere il volo, ma consapevole che di strada da fare ce n’è tanta.
Quando hai iniziato a cantare e suonare?
La musica è nella mia vita da sempre, fin da quando, da piccolicissimo, mio padre e mio fratello mi hanno contagiato con questo grande amore. Spaziavamo tra generi diversi: Beatles, Rolling Stones, Led Zeppelin e tutto il rock anni Settanta, Battisti. A dieci anni ho chiesto la mia prima chitarra, ma, arrivato in negozio, mi sono venuti mille dubbi: forse un primo assaggio del rapporto conflittuale che avrei avuto con la mia passione. Subito dopo ho iniziato a studiare chitarra classica al Conservatorio di Frosinone e nel frattempo mi esercitavo in quella elettrica in camera mia. A 12 anni, assieme a ragazzi di 18 e 19 anni, ho fondato il gruppon “The Heaven”, con cui abbiamo girato il Lazio suonando cover; ricordo che la chitarra era più grande di me. A 14 anni ho lasciato la band con il sogno di diventare cantautore, a 15 ho partecipato al Tour Music Fest, il festival internazionale della musica emergente di Roma, con una mia canzone. Da quel momento ho scritto sempre di più e sono arrivate le prime grandi soddisfazioni, tra cui le collaborazioni con i rapper Tormento e Clementino.
Adesso sei arrivato ad un punto cruciale della tua crescita artistica…
Sì, il mio primo singolo “L’impegno” è finalmente uscito, tra qualche mese arriverà una seconda canzone e, dopo settembre, l’intero album. Sono molto felice.
Quali sono state le principali difficoltà nella tua carriera? E le gioie più grandi?
Per anni ho avuto una preoccupazione: mi chiedevo se, essendo un cantautore, sarei riuscito ad avere visibiltà con la mia musica; pensavo che gli interpreti avessero molte più possibilità. È anche grazie a X Factor che mi sono ricreduto. È vero, sono stato eliminato la prima sera, ma questa esperienza mi sta aiutando a trovare un mio spazio. Le gioie? Il mio primo singolo, suonare al Festival Show, vicino a Treviso, davanti a 30 mila persone, un incontro amichevole con Ron nel mio post X Factor a casa sua a Garlasco.
Parlami della scena musicale italiana del 2017: come la vedi e come la vorresti?
Devo dire che la sto apprezzando, dopo qualche anno un po’ buio per i cantautori adesso è uscito il sole: per chi scrive le proprie canzoni le opportunità ci sono, soprattutto con le etichette indipendenti.
Credi che si possa vivere di musica restando fedeli a sé stessi?
Sono convinto di sì. Anche quando ho partecipato a X Factor sono rimasto me stesso, senza ripensamenti. Certo, avere la fortuna di essere supportati da un team che crede in te e nelle tue scelte fa la differenza e per questo ringrazio la Rusty Records. D’altra parte, credo nel cambiamento e sono favorevole alle collaborazioni: evolversi è necessario e non significa snaturarsi.
Nel 2016 hai partecipato a X Factor. Alla luce di questa esperienza, pensi che i talent siano un ostacolo alla piena espressività artistica, oppure una via come un’altra per farsi conoscere dal grande pubblico?
Vedo i talent come una grande vetrina, un mezzo che ha dato una chance a me e molti altri; sta a noi decidere se sfruttarla o no. L’unico limite di questi format è quello di non poter cantare, per regolamento, le proprie canzoni e non poter quindi esprimere quello che si ha dentro.
Cosa ne pensi della gavetta? È necessaria o si può bypassare?
Si tratta di una palestra indispensabile per chiunque. Io non sono nato con X Factor, ma ho iniziato, giovanissimo, a scrivere canzoni nella mia cameretta. Ho partecipato a concorsi, concerti e concertini, ho suonato davanti a venti persone nei peggiori bar di Caracas. La gavetta, comunque, per me non è ancora finita.
Come ti vedi in futuro?
Sul palco a cantare le mie canzoni, nella mia testa non esiste un’altra versione di me. Ho fatto tanti passi e altrettanti ne voglio fare, più vado avanti e più sono pesanti, ma ne ho una voglia matta. Non esiste altro che io ami così tanto.
Quali sono i consigli che daresti a un ragazzino desideroso di intraprendere la strada della musica?
Di iniziare a suonare senza l’obiettivo di far successo, di divertirsi e fare quello che gli piace. La notorietà se è importante, non lo nego, ma la musica dà anche tanto altro.