Ligabue e gli Orazero

Bobby Bartolucci : Bassista degli Orazero, primo storico gruppo di Luciano Ligabue

Da Luciano Ligabue al digital, da Anime in Plexiglass ai social. Roberto “Bobby” Bartolucci ,storico bassista degli Orazero, prima band ufficiale di Ligabue.

 

Roberto Bobby Bartolucci, esperto di Marketing e comunicazione, Bassista, ma ai più e per noi fan, sei conosciuto come Bassista,assieme a Imo Sisi e Trico, degli Orazero, storico primo gruppo di chi?

Aspetta, ci devo pensare, gli anni passano e anche la memoria………….Scherzavo ovviamente! Certe cose non si possono scordare. Gli Orazero sono stati la prima band ufficiale  di Luciano Ligabue.

Via il dente e via il dolore; togliamoci subito le curiosità. Parlaci un po’ di quel periodo, com’è nato il tutto, che pezzi hai suonato con Ligabue? quanto è durata l’esperienza?

Innanzi tutto ci tengo a precisare che per me, quell’esperienza, durata 3 anni (dal 1986 al 1989), non è assolutamente fonte di dolore, anzi, solo piacere e soddisfazione.

Partiamo dall’inizio…“Orazero, ora da eroi, ora di far veder qualcosa”…

Con questa frase si apre il ritornello di “Orazero” pezzo che Ligabue scrisse ormai più di trent’anni fa. Come non “rubare” il titolo del pezzo per farlo diventare il nome della nostra band?

Ci sentivamo eroi, che volevano e dovevano dimostrare di esserlo, in tutti i sensi.
È così che è nato il nome “Orazero”, la “prima band ufficiale di Ligabue”.
Quante volte me lo sono sentito ripetere in questi 30 anni!

Comunque, nella canzone citata, si parla di una storia ironicamente tragica, di uno che si trova ad assistere, dalla propria finestra di casa, ad uno stupro. Decide di intervenire per salvare la ragazza, decide di mettersi in gioco nonostante il suo carattere, perché è “giusto”, perché finalmente è “ora di far veder qualcosa”. Non finisce bene, le prende dallo stupratore e anche dalla ragazza che si sente scoperta nel suo dramma.

Quella frase però, a distanza di anni ancora gira in testa: “ora di far veder qualcosa”. Quella storia è una metafora, quanto mai reale e possibile; metafora della lotta che c’è in ognuno per capire quando è ora di intervenire, di essere presenti. E non solo nelle grandi questioni, ma nelle scelte quotidiane.

Anche nel fare una rock band. Noi c’eravamo, volevamo intervenire, dire la nostra. Con una nota, con un suono, con un movimento: era importante esserci, comunque.

E’ ovvio che ci si divertiva, è scontato che il piacere fosse la molla di partenza, ma c’era qualcosa in più. C’era la necessità di voler dire qualcosa, di segnare il nostro passaggio. Ancora di più: non lo facevamo solo per stare in compagnia e senza velleità.
Col cazzo!

Noi ci credevamo, tutti, proprio tutti. Credevamo alla possibilità di poter esprimere qualcosa di nostro, e di poterlo fare nel modo che ritenevamo il “nostro modo”.
Ci è andata bene, anche se in tanti pensano il contrario. Abbiamo goduto dello stare insieme, del lavorare pensando in grande, del costruire suoni e atmosfere… Abbiamo goduto!

È stata un’esperienza troppo forte, che non poteva non lasciare il segno. Lavorare con Luciano significava essere a fianco di chi, pur nell’ingenuità dell’inesperienza, aveva la lucidità per tracciare la strada. Subivamo le sue incazzature, magari scontrandoci anche in modo forte, ma con la “consapevolezza inconscia” che aveva ragione lui.

Può sembrare troppo facile adesso, dire che già allora si vedeva che avrebbe fatto successo, ma senz’altro era chiaro a tutti noi che la sua non era una figura inconsistente. Era troppo determinato, di quella determinazione figlia di questa terra reggiana, per finire di essere uno dei tanti.

Con Luciano ho suonato gran parte delle canzoni che poi vennero incisi nei suoi primi 4 dischi: Balliamo sul mondo, Piccola stella senza cielo, Bar Mario, Sogni di R’n’R, Anime in plexiglass, sono solo alcune tra le più famose.

Tu eri presente nel primo video di Ligabue , Anime in plexiglass, giusto ?. Com’era girare un video in quegli anni? Come avete fatto?

Beh, quel video, rivisto oggi, fa sorridere per la sua ingenuità, in tutti gli aspetti. Avevamo la fortuna di avere il nostro tecnico del suono e factotum che lavorava in una TV locale come cameraman.

Oggi sembra strano davvero, ma allora non c’erano smartphone a disposizione e fare un video era roba per pochi, ma noi potevamo provare, avevamo le attrezzature (prestate dalla tv) e così ci siamo lanciati in questa avventura.

Il video è stato girato tutto in una notte di novembre, con un freddo cane, la nebbia pesante e l’umidità che entrava nelle ossa.

La location era la sede del Consorzio del Parmigiano-Reggiano, struttura che allora appariva avveniristica e, soprattutto, adatta alle atmosfere della canzone. Così è nato quel video: bello ma davvero molto ingenuo!

Poi hai più avuto modo di suonare ancora assieme agli Orazero e Ligabue ?

Tenete presente che quei tre anni non si possono scordare, anzi, hanno segnato la mia vita e quella dei miei compagni: mi hanno insegnato a credere nei sogni al punto da lavorare in modo esclusivo perché non rimanessero tali.

Poi però senti le prime stanchezze. La vita cambia, le esperienze ti chiedono scelte che non vorresti fare. Ma ad un certo punto ti accorgi che non ne vale più la pena. Quando ci siamo sciolti, nel 1989, era giusto chiudere quella esperienza. Non eravamo pronti, in quel momento, a fare il salto di qualità al quale era invece preparato Luciano. E si è visto.

Ognuno di noi ha vissuto gli anni successivi in modo diverso. Chi appendendo lo strumento al chiodo, chi vendendolo, chi continuando a suonare davanti ad un pubblico fatto di pareti vuote.

Io sono stato male “fisicamente” assistendo al primo concerto di Ligabue con i Clandestino, e per oltre 10 anni non sono riuscito ad assistere ad altri suoi concerti.

Ma poi le cose cambiano, si assestano e così nel 2003 ci siamo ritrovati come Orazero. Io non ho mai smesso di suonare, anche in altri gruppi e formazioni, ma ritrovarmi con loro è stata una bella botta di vita. Niente lasciato alla nostalgia, piuttosto abbiamo ripreso il filo del discorso interrotto una quindicina di anni prima.

Abbiamo ricominciato a macinare accordi e ritmiche, producendo anche alcuni brani originali usciti in un mini CD (prodotto dallo stesso Ligabue) in occasione del Campovolo 2011.

In quella occasione infatti, Luciano ci ha chiamato per presentare alcuni nostri pezzi prima dell’inizio del suo concerto. Devo dire che suonare davanti ad oltre 120.000 persone, per chi non è abituato a farlo, è veramente una gran figata!

campovolo

Tra il 2010 e il 2013 abbiamo partecipato anche ai raduni del suo Fanclub, dove abbiamo risuonato con lui alcuni pezzi storici dei primi anni. L’accoglienza dei fan è sempre stata incredibile. Per chi come me vive una vita “normale” trovarsi a vivere giornate come quelle, dove firmi autografi, ti fai fare foto e selfie con chiunque, è davvero appagante!

Com’è cambiata la musica dal 86 ad oggi ? è cambiata?

E qui chiudiamo l’operazione “nostalgia”…
La musica in questi trent’anni è cambiata in modo radicale direi.

Da un punto di vista puramente tecnico e tecnologico, l’avvento dei pc e dell’elettronica in genere, ha consentito il diffondersi di possibilità espressive che allora erano veramente per pochi. Solo come esempio, ti faccio notare che l’unica possibilità che avevamo di registrare un’idea, era sfruttare un piccolo registratore a 4 piste, per rendere l’ascolto poco più che decente rispetto al registratore a cassette normale.

Non era possibile fare pre-produzioni e tantomeno produzioni casalinghe. Risultavano assolutamente inascoltabili. Tieni presente che io ho avuto in quegli anni uno studio di registrazione professionale, dove realizzavo musiche per la TV e la pubblicità, ma per registrare strumenti dal vivo era veramente un delirio.

Un mio carissimo amico, aveva un altro studio di registrazione e spesso ci prestavamo le attrezzature più costose, così riuscivamo a spendere un po’ per uno… Lo studio in questione era quello che produsse in quegli anni un pezzo che sbancò in tutto il mondo, ricordi “Ride on time” dei BlackBox?

Se parliamo invece di cambiamento non tecnologico ma espressivo e artistico, ritengo che purtroppo si sia tutto quanto appiattito molto.

Ormai per emergere, gli unici canali sono rimasti i Talent dove però faticano comunque a trovare i loro spazi le personalità più innovative e creative.

I ragazzi che vi partecipano entrano in una sorta di spremiagrumi per musicisti. Infatti finita la stagione, dove rischi di vivere da star per qualche mese, ti ritrovi abbandonato a te stesso ormai completamente spremuto, senza più nulla da dare, in balia del niente… Un disastro.

Qualche operazione alternativa, canali secondari di musica indipendente, esiste, ma paradossalmente, nell’era della connessione globale, è difficilissimo emergere.

Musicstorm nasce con l’intento di diventare un punto di riferimento per i musicisti italiani, in particolare per quelli emergenti e creare un punto di incontro tra musicisti e locali dove si suona musica live.
A tal proposito ci pare che i locali dove potersi esibire in Italia siano sempre meno. È una nostra impressione, o la vedi anche tu come noi? come fa un’artista che vuole emergere a far conoscere la propria musica?

È esattamente come dite voi: i locali che fanno musica dal vivo sono sempre meno e i pochi che ancora provano a fare una programmazione live organizzata, su 10 concerti organizzati, 9 sono di cover band o, peggio, di tribute band.

Suonare pezzi famosi è normale, è anche propedeutico alla propria indipendenza, ma se si deve imparare a scimmiottare artisti famosi, addirittura copiandone le mosse, la postura, i tic nervosi…Beh allora siamo arrivati alla frutta. Diventa una sorta di feticismo malato che nulla ha a che vedere con l’arte.

Ben venga quindi Musicstorm. Trovare un “luogo” seppur virtuale, dove far incontrare domanda e offerta non può che giovare alle nuove generazioni di musicisti.

Insomma cosa pensi del movimento musicale oggi ? come sta la musica

Vi dirò, a ben guardare, dal punto di vista artistico, le novità, anzi le belle novità, non mancano.

L’arte è dentro a ciascuno, non tutti hanno voglia di esternarla, ma le  idee non mancano. Quello che manca, come in tante altre cose in Italia, è la capacità organizzativa e soprattutto la capacità di programmazione a lunga scadenza. Le cose non si fanno solo pensando ad oggi, ma anche e soprattutto a domani e ancora oltre. Questo in Italia manca, e si sente!

Artisti emergenti ? o artisti noti ma che non hanno il risalto che meriterebbero ?

Su questa glisserei…

Oggi Bobby ti occupi di marketing e digital marketing , il mondo Digital ha rivoluzionato il modo di comunicare e ha rivoluzionato anche l’intero mondo musicale. Come può un artista sfruttare il digital ?

Direi che il digital è essenziale per le nuove band, e anche per le vecchie a dire il vero!

Rimane un canale sostanzialmente libero, dove ancora si può fare un ottimo lavoro di promozione senza avere dei budget da Major a disposizione.

Però, come sempre, non ci si improvvisa esperti digital da un giorno all’altro. Non basta conoscere Facebook o Google per fare azioni di promozione che funzionino.

Occorre fare analisi, studiare una strategia e poi trovare gli strumenti giusti. Senza scordarsi però che il marketing (digitale o no) funziona in primo luogo se il prodotto è di qualità. Altrimenti anche la miglior strategia di comunicazione si infrange contro la mediocrità del prodotto!

Concludendo Bobby, che consigli ti senti di dare a chi vuole approcciare a questo mondo?

Consigli non mi piace darne, per mia indole personale, credo che ognuno debba confrontarsi in prima persona con i propri obiettivi e le proprie capacità.
Detto questo però, ritengo che la prima cosa da fare, sia quella di credere in ciò che si fa, e di dedicarvi tutta la passione possibile.
Se si agisce pensando solo freddamente all’interesse economico, qualsiasi sia l’ambito ma ancor di più in quello artistico, qualsiasi progetto è destinato all’insuccesso.

Bobby grazie per la tua disponibilità .  Ti vedremo ancora in giro a suonare per locali ?

Perché no? Se è, quando suono vi informerò!

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