Il disco in Vinile sta avendo un vero boom nelle vendite della musica registrata. Moda o nuovo trend duraturo?
Negli ultimi mesi si leggono sempre di più, anche sulle riviste generaliste, articoli sul ritorno del mitico disco nero, ovvero il vinile, come supporto per ascoltare musica registrata.
Prendendo i dati del 2016 del mercato inglese (dati Rolling Stone) il vinile ha avuto un aumento del 50% rispetto l’anno precedente arrivando a 3,2 milioni di pezzi, contro i 47,3 milioni di cd (-11,7%) e un crollo del 30% del download a pagamento, lasciando spazio per 45 miliardi di canzoni ascoltate in streaming e quindi o gratuite o con abbonamenti mensili.
Quindi, bene la percentuale di aumento, tra l’altro simile a quella degli ultimi tre anni, ma i numeri assoluti dicono un 6% rispetto al numero di cd venduti.
Il vinile può continuare con queste performance nei prossimi anni?
Intanto parliamo un po’ di cosa sia il vinile e la sua storia, non penso che tutti la sappiano.
Il disco in vinile, noto anche come microsolco o semplicemente disco o vinile, è un supporto per la memorizzazione analogica di segnali sonori. È stato ufficialmente introdotto nel 1948 dalla Columbia records negli Stati Uniti, come evoluzione del precedente disco a 78 giri, dalle caratteristiche simili, realizzato in gommalacca.
Come il suo antenato, il vinile è una piastra circolare recante su entrambe le facce un solco a spirale (inciso a partire dal bordo esterno) in cui è codificata in modo analogico la registrazione dei suoni. Le migliori qualità del vinile (PVC) rispetto alla gommalacca permisero di ridurre lo spessore dei solchi, diminuire il passo della spirale e abbassare la velocità di rotazione da 78 a 33⅓ giri per minuto, ottenendo così una maggiore durata di ascolto, che raggiunse circa 30 minuti per facciata nei Long-Playing (LP).
Per la riproduzione sonora di un disco viene impiegato un giradischi collegato a un amplificatore.
Il mercato mondiale del vinile LP è esploso alla metà degli anni 60 quando venne introdotta la registrazione stereofonica (con almeno due microfoni) e quando, alle già presenti pubblicazioni di musica classica e jazz , si affiancarono i lanci degli album di musica rock e pop, soprattutto inglese e americana, che sostituirono i precedenti singoli a 45 giri.
Fino al trionfo del Compact Disc (lanciato nel 1982, ma supporto predominante alla fine degli anni 80) il vinile a 33 giri è stato il formato re per la musica registrata di ogni genere musicale.
Tutti i giovani degli anni 70, ricordano la trepidante attesa per l’uscita del disco del loro cantante o gruppo preferito, la corsa a comprarlo negli allora molto diffusi negozi di dischi, il rito religioso dell’apertura del cellophane, la scoperta, prima delle foto della copertina, dei testi, spesso presenti, delle cartoline e dei poster che frequentemente completavano “l’oggetto” acquistato e poi il “metterlo sul piatto“ per l’altrettanto religioso ascolto di tutte le canzoni, in sequenza, come le aveva volute mettere l’artista.
Negli anni 80 l’industria discografica cerca e riesce a imporre il nuovo formato digitale, che parte con un “premium price” del 50% più alto rispetto al vinile, a causa di un supposto maggior costo di produzione e di registrazione, convincendo gli appassionati che il CD fosse, eterno, indistruttibile, con maggiore dinamica, senza i rumori e le cariche elettrostatiche del vinile e che, insomma, suonasse meglio.
Facendo, poi, mancare e scomparire i vinile dal mercato, i consumatori si sono dovuti spostare sul CD, almeno fino a quando alla fine del secolo scorso, lo scambio di file tramite internet e i downloading legali di Apple, hanno decretato la crisi irreversibile del formato fisico digitale.
Ma torniamo ai nostri giorni e poniamoci la prima domanda: il vinile si sente decisamente meglio del Cd e dei file MP3?
Dividiamo in due la risposta: una parte oggettiva, basata sui numeri e una soggettiva, basata sull’ascolto.
Per la prima la risposta è no. Il Cd è, dalle misurazioni, più dinamico, ha una banda passante maggiore, ha meno distorsione, non è eterno e indistruttibile, ma è certamente più resistente e duraturo rispetto al vinile, che è più delicato e distorce di più. Non parliamo neppure dei formati compressi, non comparabili se ascoltati su un impianto stereo di buona qualità.
Il vero limite del cd sono le specifiche tecniche, contenute in un documento chiamato Red Book che data 1979, quando Sony e Philips si accordarono per lo standard.
16 bit e 44,1 Mhz di frequenza di campionamento sono l’espressione di un modo informatico fatto di Commodore 64 e Apple II.
Per ovviare a questo nel 2000 è stato lanciato il Super Audio cd (SACD) con specifiche maggiori ma non è stato un successo commerciale.
Se invece passiamo alla parte soggettiva, possiamo avere delle sorprese. Non è detto che più distorsione o una curva di risposta in frequenza meno lineare voglia dire un suono peggiore, anzi, a volte si ritrova quel calore e quel realismo nel suono che può mancare al digitale.
Un altro aspetto, che raramente viene preso in considerazione è la registrazione.
In ogni epoca, gli ingegneri del suono hanno ottimizzato le registrazioni per il supporto principale del momento.
Negli anni 70 lo era il vinile ed ecco che le registrazioni dell’epoca lo esaltano, mentre, trasportate sic et simpliciter nel cd risultano fredde e artificiali.
Di ben altro livello sono i cd pubblicati negli anni 90, con una tecnica ormai consolidata dedicata al cd.
Purtroppo le registrazioni odierne, specie quelle di musica commerciale, pensate per i supporti compressi, suonano male su un cd ascoltato in un buon impianto stereo.
Ecco perché apprezzo i vinili d’epoca, quelli con le registrazioni anni 60 o 70, prodotti allora o anche nelle nuove ristampe, mentre trovo assurdo produrre un vinile con registrazioni digitali moderne, pensate per altri supporti.
In ultimo considererei la facilità d’uso.
Se la musica liquida è facilmente fruibile su tanti supporti, dal computer, al cellulare senza problemi, e il cd viene suonato su macchine “plug and play“ il vinile necessita sicuramente di un impianto stereo tradizionale, non può essere ascoltato in movimento, necessita di un trittico giradischi-braccio-testina omogeneo e ben settato.
Tornando alla domanda iniziale…il ritorno del vinile è vera gloria?
Non lo so, sicuramente molti appassionati lo hanno riscoperto (ma molti non l’avevano mai dimenticato con un mercato dell’usato, anche da collezione, sempre vivo) alcuni giovani lo stanno scoprendo per le belle copertine e per l’oggetto di culto, quale è, ma c’è anche un forte effetto moda, di chi lo compra e lo lascia intatto in bella mostra.
Non si può far tornare indietro il tempo e il vinile rimarrà sempre solo una nicchia del mercato discografico.