Buone notizie per i fan di Gomorra, la serie basata sull’omonimo best seller di Roberto Saviano: la casa di produzione Cattleya ha confermato la data di uscita della terza stagione per il prossimo novembre. Ancora pochi mesi e sarà finalmente possibile scoprire l’evoluzione della guerra tra clan che insanguina Napoli.
Eletta dal New York Times tra le più belle serie TV del 2016, Gomorra ha stregato oltre un milione di spettatori ed è, ad oggi, la serie più vista di sempre su Sky.
Merito della direzione di Stefano Sollima, già regista di “Suburra” e “ACAB”, della qualità attoriale dei protagonisti e di un budget milionario, ma non solo. La colonna sonora di entrambe le serie andate in onda finora è potentissima. E non ci riferiamo solo al soundtrack originale pubblicato nel maggio 2016, con 16 pezzi dei romani Mokadelic e la mitica “Nuje vulimme ‘na speranza” degli ex Co’Sang, NTO’ e Luchè.
Tutte le scelte musicali dei 24 episodi, in bilico tra post-rock, rap e musica neomelodica, contribuiscono non solo a rinforzare la narrazione, fornendo al pubblico più attento interessanti indizi e chiavi di lettura (si pensi alla ormai celeberrima scena di Scianel con il dildo dorato sulle note di “Nun so ‘na bambola” di Cinzia Oscar), ma aprono uno spaccato più che mai realistico sui gusti musicali della Napoli popolare.
Così le parole di neomelodici di grande successo come Alessio, Anthony Ilardo e Raffaello si intrecciano alle vicende della serie, fungendo nel contempo da sottofondo e da commento. Un fenomeno tutto napoletano che, secondo molti, è espressione documentata del legame tra Camorra e musica popolare.
Proprio Alessio appare in una puntata con una canzone d’amore il cui testo assume significati sorprendenti quando associata, nel montaggio, alle immagini del vecchio Savastano rinchiuso in carcere («nel silenzio della notte vuoi morire / ti manca l’aria non riesci a respirare»).
Ma è il rap napoletano a giocare un ruolo da protagonista nella serie, sia attraverso i versi di nomi storici della scena partenopea come i già citati ex Co’Sang, NTO’ e Luchè, che grazie a nuove leve come Rocco Hunt e super emergenti come Enzo Dong. I primi, autori di “Nuje vulimme ‘na speranza”, che è un vero e proprio pugno allo stomaco per la crudezza con cui descrive una gioventù abbandonata dalle istituzioni, disorientata che combatte per sopravvivere in una giungla di narcotraffico ed illegalità diffusa.
Fa da contrappasso Rocco Hunt, giovanissimo salernitano vincitore di Sanremo giovani con”Nu juorno buono” che canta l’amore per la propria terra nonostante tutto (Questo posto non deve morire / La mia gente non deve partire / Il mio accento si deve sentire).
Ma la vera sorpresa è l’emergente Enzo Dong che con la canzone “Secondigliano regna” chiude la seconda stagione sulle immagini dello spaccio porta a porta messo in atto dal clan Savastano per riprendersi in mano il mercato del quartiere.
Chi credeva che la capitale del rap italiano fosse Milano, dopo aver visto “Gomorra- La Serie” dovrà ricredersi. Sarà anche perché il dialetto napoletano ha un suono, una metrica e una scansione ritmica che si prestano meglio a questo genere musicale rispetto all’italiano?
Una parole va infine spesa per i romani Mokadelic, collaboratori di lunga data di Gabriele Salvatores prima e di Stefano Sollima poi e autori del tema di chiusura (la musica che accompagna ogni finale di puntata) “Doomed to live”. Suoni post-rock acidi e distorti, su base elettro-acustica, che rimandano ai Mogwai o a un certo Brian Eno.